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Sandro Bongiani Arte Contemporanea
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Sandro Bongiani Arte Contemporanea ha il piacere di presentare, lunedì 5 maggio 2025 alle ore 18.00, la retrospettiva dal titolo “Noviadi Angkasapura, “Condividere l’invisibile”, a cura di Sandro Bongiani. La mostra Retrospettiva è organizzata dalla Collezione Bongiani Art Museum di Salerno è costituita da 73 opere più rappresentative realizzate dal 2013 al 2025.
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Sala

Mostra Retrospettiva “Viaggi e costellazioni alla ricerca dell’infinito” Opere 1956-2020

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Giulia Napoleone

20 marzo 2021 - 30 giugno 2021

CONTEMPORANEA / Ricerche e materiali marginali attivi

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Collettiva

23 agosto 2021 - 25 settembre 2021

"In forma di luce tra Ludoscopi e opere pittoriche". Opere 1965-2017

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Paolo Scirpa

9 ottobre 2021 - 28 novembre 2021

Mostra Retrospettiva  “L’uomo contemporaneo tra degrado e riscatto” Opere 1976 - 2021

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Andrea Bonanno

11 dicembre 2021 - 13 febbraio 2022

Mostra Antologica di RCBz, l’arte tra ironia, satira e immaginazione

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19 febbraio 2022 - 16 aprile 2022

Ray Johnson, Relazioni marginali sostenibili / One

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Ray Johnson

30 aprile 2022 - 30 giugno 2022

Relazioni Marginali Sostenibili / TWO

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Ray Johnson

23 luglio 2022 - 18 settembre 2022

Ray Johnson & Coco Gordon  in “Collaborative collaborations”

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Ray Johnson

2 ottobre 2022 - 26 novembre 2022

MEMORIAL SHOZO SHIMAMOTO   DECENNIAL 2013 - 2023

MEMORIAL SHOZO SHIMAMOTO DECENNIAL 2013 - 2023

Shozo Shimamoto

25 febbraio 2023 - 30 aprile 2023

LiberaMente / IS CONTEMPORARY ART A PRISON?

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Collettiva

2 ottobre 2023 - 16 dicembre 2023

Retrospettiva, l’essenza nascosta delle cose - 1961/2023

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Giovanni Leto

30 gennaio 2024 - 31 marzo 2024

Pavilion Locust Valley / Generazione Marginali Attivi Ovunque

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Biennale 2024

15 aprile 2024 - 24 novembre 2024

“Segni, tracce e carte d’artista”

“Segni, tracce e carte d’artista”

Collettiva

28 gennaio 2025 - 23 marzo 2025

Memorial Outsider Art Brut Jean Dubuffet

Memorial Outsider Art Brut Jean Dubuffet

Collettiva

25 marzo 2025 - 20 aprile 2025

Noviadi  Angkasapura, Condividere l’invisibile

Noviadi Angkasapura, Condividere l’invisibile

Retrospettiva

5 maggio 2025 - 20 luglio 2025

 

 

Retrospettiva di Noviadi Angkasapura “Condividere l’invisibile”, opere 2013-2025

SALA 1  opere   2013 - 2015

SALA 2  opere   2015 - 2016

SALA 3  opere   2016 - 2018

SALA 4  opere   2018 - 2021

SALA 5  opere   2021 - 2025 

 

 

Noviadi Angkasapura, “Condividere l’invisibile”

Presentazione di Sandro Bongiani,

Salerno 15 aprile 2025

 

Noviadi Angkasapura è un’artista autodidatta e non ha alcuna formazione artistica, nato nel 1979 a Jayapura, nella provincia di Irian Jaya, sull'isola pacifica della Nuova Guinea. Dal 1963, la parte occidentale della Nuova Guinea appartiene all'Indonesia. Dal 2009 Noviadi Angkasapura vive a Giacarta. Già da bambino disegnava e non pensava minimamente di fare l’artista. Nel 2001, quando aveva quasi 24 anni gli apparve uno spirito soprannaturale avvolto in una densa nuvola di fumo  in cui gli lanciò un pezzo di carta spiegazzato, che l’artista aprì e vi trovò le parole 'Jujur, Sabar' scritte quarantacinque volte". la sua voce era come un tuono e  gli trasmise il messaggio "Ki Raden Sastro Inggil", (In giavanese, Raden è un nobile, Sastro significa  “conoscenza”, mentre Inggil significa “rispetto”, (un termine spesso usato per riferirsi alle persone anziane), sostenendo come sano giudizio morale di vivere una vita di “onestà e pazienza”. Per l’artista indonesiano, ha spiegato, “queste parole sono come una porta d'accesso. Una fonte, se vuoi, di vita e comprensione". Da allora, le due parole sono presenti nelle sue rappresentazioni tanto quanto i suoi due nomi, come un mantra che si ripete  incessantemente in una sofferta preghiera. Noviadi Angkasapura descrive questa apparizione come un sogno sebbene  non stesse dormendo. Questa frase "Ki Raden Sastro Inggil" appare su tutti i suoi disegni che permane come una sorta di atto di meditazione a migliorare il mondo. In seguito a questo incontro, l'interesse di Angkasapura a creare opere artistiche è diventato un momento inscindibile e assiduo della sua vita.

Le rappresentazioni di Angkasapura nate da un incontro spirituale, raffigurano figure anamorfiche, demoni insieme al suo mantra guida, "Jujur, Sabar". Per tale motivo, Angkasapura si considera un messaggero eletto e pertanto non reputa interessante  cercare di  comprendere e spiegare il contenuto delle sue opere. La prima volta che qualcuno ha  richiesto una sua opera è stato tramite una richiesta su Facebook. Aveva, come di consuetudine pubblicato un'opera finita sui social media e già  qualcuno chiedeva se l'opera fosse in vendita. Presto, sono arrivate altre richieste di acquisto, e poi l’interessamento della galleria newyorkese Calvin-Morris, l’attuale rappresentanza ufficiale oggi, che lo presenta per la prima volta nel 2013 all'Outsider Art Fair di Parigi. Nonostante sia ancora molto giovane vi è stata subito la dovuta attenzione  da parte  del sistema ufficiale dell’arte con  l’acquisizione di diverse opere dell’artista indonesiano da parte della Collection de l’Art Brut di Losanna in Svizzera, un museo dedicato espressamente agli outsider dell’Art Brut, e degli emarginati sociali. Il lavoro di Angkasapura è stato già  esposto in tutto il mondo, tra cui all'Outsider Art Fair di New York, al Centre for Intuitive and Outsider Art di Chicago. Dal 2021 Noviadi Angkasapura è presente nel contesto della "Donation d'Art Brut de Bruno Decharme", in Francia composta da 921 opere, al Centre Pompidou di Parigi, nella Collection of Mediumistic Art (CoMA) di Elmar R. Gruber in Germania e nella Collection Eric Moinat di Vienna. Oggi, Angkasapura è degnamente rappresentato dalla Henry Boxer Gallery in Inghilterra  e soprattutto dalla Cavin-Morris Gallery negli Stati Uniti che per primo ha scoperto il suo talento e la sua originale creatività.

Per Claude Lévi-Strauss, “Uno dei grandi mali della nostra società è di aver completamente separato l’ordine del razionale e l’ordine del poetico, mentre in tutte le civiltà cosiddette primitive […], si tratta di due ordini strettamente uniti”. Nelle opere di Noviadi Angkasapura si evidenzia  la grande lezione e la straordinaria forza di un atto resistente, senza freni inibitori, che deve necessariamente implicare l’alta febbre dell’ossessione per essere credibile e autentica. Per quanto riguarda il soggetto dei suoi disegni - afferma l’artista - "È una di quelle cose che mi vengono [da sole]. Alcuni giorni, mi sento più connesso allo spirito e questo mi guida naturalmente. Le visioni appaiono in frequenze e cerco di tradurle attraverso i miei disegni". Infatti, i suoi disegni non sono altro che  interventi medianici di incontri con forze interne, per cui non ha alcun bisogno di  controllare il risultato estetico visto che viene guidato da un potere spirituale soprannaturale, cosciente di avere una missione da compiere che lo spinge a creare immagini in un terreno primordiale come una sorta di continua litania, in cui la raffigurazione e la scrittura si compenetrano e si integrano insieme.

Pertanto per l’artista indonesiano l'atto del disegnare rappresenta un mezzo utile per trasmettere messaggi provenienti da questo suo spirito. Le sue opere sono caratterizzate da una visione altamente espressiva e personale; hanno una significativa qualità mistica e sembrano essere ispirate da elementi mitologici tradizionali della cultura in cui vive con simboli e apparizioni enigmatici. Inoltre, sono decisamente insolite, rappresentate con penna a sfera, inchiostro, matita, matite colorate e pastelli a olio su carta o cartone di pacchi trovati. Si direbbe una visione di essenze dell’anima, non semplicemente immaginate ma anche condivise, suggerite dall’invisibile e dall’ossessione come atto liberatorio. In connessione con l'aldilà, in uno stato transitorio di profonda partecipazione, l’artista condivide una sorta di trascendenza in cui la ragione tracolla a beneficio di un atto forte e potente alla ricerca di mondi invisibili e territori irrazionali ancora inesplorati.

Nel significativo saggio del 2020, James D. Campgell ci  prospetta una lettura abbastanza attenta dell’esperienza interiore e mistica di Noviadi Angkasapura con un risvolto ossessivo e oscuro che caratterizza da sempre la sua esperienza creativa con le sue inattese apparizioni che scandagliano il profondo dell’essere umano, a rilevare e a condividere i misteri oscuri e stratificati della mente nati dall’abisso e dal buio oscuro della notte.  Per lui, sperimentare il limite  e come indagare ogni giorno, tra nemesi e catarsi  le emozioni e le forze oscure del corpo e dell’anima, in una dimensione  “sorprendente”, alla ricerca del mistero della vita.

L’arte è ossessione e Noviadi Angkasapura è un artista altamente visionario di grande  creatività e immaginazione. Ogni sua opera è sempre una nuova improvvisa rinascita di un mondo carico di oscuro mistero, un universo di esseri strani con organi interni visibili, animali immaginari e traboccanti creature antropomorfe di diversa dimensione e presenza   che si condensano provvisoriamente  nello spazio immaginativo tra figurazione e scrittura “oltre il limite” con l’utilizzo di diversi punti di vista in cui viene negata la consueta e logica visione prospettica dello spazio. Un qualcosa come una improvvisa e misteriosa occupazione di personaggi  che vanno a saturare quasi del tutto lo spazio della visione e  altresì un senso di libertà espressiva che contraddistingue da sempre il suo importante lavoro. In tutto ciò sta la grande capacità espressiva e poetica di un grande interprete  internazionale dell’invisibile.  

 

Noviadi Angkasapura 1979, Indonesia


Noviadi Angkasapura è nato nella provincia di Irian Jaya, a Jayapura, sull'isola della Nuova Guinea nell'Oceano Pacifico. La parte occidentale della Nuova Guinea è occupata dall'Indonesia dal 1963. Dal 2009 vive a Giacarta con la moglie e due figli. Già da bambino disegnava regolarmente. Noviadi Angkasapura è autodidatta e non ha alcuna formazione artistica. All'età di 24 anni gli apparve uno spirito che gli diede il titolo di "Ki Raden Sastro Inggil" e gli lasciò un messaggio di onestà e pazienza. Sebbene non stesse dormendo, Noviadi Angkasapura descrisse questo fenomeno spirituale come un sogno. Il titolo "Ki Raden Sastro Inggil" compare su molti dei suoi disegni come una firma, oltre alla sua firma personale. Dopo questo incontro, il desiderio di Noviadi Angkasapura di diventare un'artista divenne più grande e più intenso. Il regolare atto del disegno gli offre l'opportunità di sfruttare poteri soprannaturali e di trasmettere il messaggio di questo spirito. Ciò dovrebbe essere inteso come una missione per migliorare il mondo. Per lui disegnare è anche un atto di meditazione e di preghiera nel contesto della sua religione musulmana. Sviluppò l'idea di creare un proprio museo, che chiamò Angkasapura Art Museum – Raden Sastro Inggil. Si prevede che il museo conterrà un milione di opere. Vuole dedicare questo progetto alla sua famiglia, convinto che i loro antenati si siano sviluppati in modo esemplare, basandosi sull'impegno e sui valori interiori dell'onestà e della pazienza. I suoi disegni appaiono mistici, sono colorati e contengono figure e simboli enigmatici. Le dense opere d'arte sono realizzate con penna a sfera, inchiostro, matita, matite colorate e pastelli a olio, per lo più su carta o cartone trovati. Sebbene sembrino ispirate alle influenze mitologiche tradizionali del suo ambiente culturale, le opere presentano un linguaggio formale del tutto unico. Noviadi Angkasapura è rappresentato nel Regno Unito dalla Henry Boxer Gallery e a New York dalla Cavin-Morris Gallery. La Cavin-Morris ha pubblicato un catalogo delle sue opere e le ha esposte per la prima volta all'Outsider Art Fair di Parigi nel 2013. Le opere di Noviadi Angkasapura si trovano nella Collection de l'Art Brut di Losanna, nella abcd / ART BRUT Collection di Bruno Decharme in Francia, nella Collection of Mediumistic Art (CoMA) di Elmar R. Gruber in Germania e nella Collection Eric Moinat di Vienna, tra le altre. Dal 2021 Noviadi Angkasapura è presente nel contesto della "Donation d'Art Brut de Bruno Decharme", composta da 921 opere, al Centre Pompidou di Parigi. Vive a Giacarta (Indonesia).

 

 

“L’arte inquieta tra corpo, ossessione e creatività”

Presentazione di Sandro Bongiani, Salerno 10 marzo 2025

A 80 anni esatti da quando Jean Dubuffet coniò il termine “Art Brut” per descrivere le opere degli autori “outsider” e a 40 dalla scomparsa dell’artista francese (1985), viene ricordato in Italia con un progetto internazionale “Outsider Art Brut” a cura di Sandro Bongiani con la presentazione di 51 opere di altrettanti artisti internazionali invitati che hanno voluto essere presenti a questo importante appuntamento collettivo.

Art Brut è il termine coniato nel 1945 dall'artista francese Jean Dubuffet per indicare gli artisti autodidatti che indagano con le loro esperienze al di fuori dei limiti restrittivi della società, condividendo appieno i valori degli emarginati della società e con il desiderio altresì di legittimare in senso espressivo le opere d'arte create anche da pazienti psichiatrici nate spesso da fragili stati mentali e soprattutto da problemi esistenziali e sociali, frutto spontaneo di una tensione e carica espressiva non mediata dalla logica del mercato dell’arte. In tempi non recenti Dubuffet scriveva:  “La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa né pronuncia il suo nome. L’arte è soprattutto visione e la visione, molte volte, non ha nulla in comune con l’intelligenza né con la logica delle idee. L’Art Brut non è  da considerarsi "arte brutta", ma spontanea, non ricerca il bello, ma si concentra sulla natura e sulla vita per contrapporsi agli orrori e oggi alle difficoltà dell’esistenza. Una ricerca per certi versi condivisa in parte dal mondo degli artisti dell’arte postale per quanto riguarda, soprattutto, la marginalità e l’inattualità rispetto il prodotto artistico proposto dal mondo del sistema ufficiale dell’arte. Brut significa altro e primitivo in opposizione a “culturale”, ma anche puro, autentico, incontaminato. L’Art Brut nasce da una imperiosa necessità interiore e convive duramente le più importanti  tensioni della vita gettando un ponte tra il visibile e l’invisibile in cui le inaspettate convergenze sono intessute di libertà e di cammino solitario. 

In tal senso, Dubuffet  polemizzando con il sistema dell’arte ufficiale nel 1978 scriverà a Guglielmo Achille Cavellini una lettera in cui si rimarcherà di come viene gestita male la creatività dai “divulgatori” e dagli improvvisatori dell’arte contemporanea, scrivendo: “Caro Guglielmo Achille Cavellini, noi tutti abbiamo all’inizio dedicato la nostra fede (il nostro entusiasmo giovanile) a degli schemi che si sono rivelati ingenui. Abbiamo creduto innocentemente che la capacità producesse il merito e che dal merito venisse la gloria. Abbiamo scoperto via via nel tempo che ciò non accade. Abbiamo imparato che, nei rapporti sociali, è la gloria che crea il merito e la capacità. Ed ecco che ora scopriamo che questo concetto di capacità è scomparso divenendo un’idea ingannevole che i divulgatori introducono a loro piacimento. Ridiamo ora attraverso di lei dei nostri sbagli precedenti. Ridiamo del merito e della gloria. Ridiamo del pubblico e della  società, ridiamo delle loro beffarde mitologie. Questo è il messaggio che sgorga dalla sua sferzante e  singolare attività. La saluto e la elogio. Vivissimi auguri”. (Da una lettera di Jean Dubuffet  a Guglielmo Achille Cavellini, del 15-10-1978 conservata nell’Archivio Guglielmo A. Cavellini di Brescia).

L’artista francese era nato a Le Havre nel 1901 ed era morto nel 1985 a Parigi. A circa vent’anni aveva iniziato a dipingere, ma è soprattutto nella seconda metà del secolo che aveva trovato, grazie alla complicità dei malati di mente, gli stimoli e la situazione adatta per dare una “sterzata vitale” a tutta la storia dell’arte. In tanti lunghi anni di lavoro, Dubuffet ha sempre lavorato per cicli, dalla “Preistoria” (1917-1942), dove si alternano momenti di abbandono e di ripresa dell’ attività, fino alla produzione continua che va dal 1942 al 1984, dalla materia e dell’informale degli anni 50 al ciclo dell’Hourloupe del 1974, tutto proteso verso un’arte totale, per poi concludere con l’ultimo ciclo di lavoro in cui cerca di riprendere le vecchie ricerche e definire strani grovigli di materia che stanno sospesi tra la figurazione e l’astrazione, tra l’essenza selvaggia e la natura. Nell'immediato dopoguerra Dubuffet scopre nella Svizzera romanda la collezione dello psichiatra Walter Morgenthaler. La raccolta di Morgenthaler comprendeva diverse migliaia di opere, eseguite da artisti schizofrenici ricoverati nella clinica psichiatrica di Waldau (BE).

A partire dal 1945, inizierà a raccogliere e collezionare opere espressamente di Art Brut, lavori spontanei, immediati, creati da persone prive di una specifica formazione artistica che vivono spesso ai margini della società o sono internate in ospedali psichiatrici, che nella stagione del 1954, appunto, proverà a definire col termine di  “Art Brut”. Nel 1951 la collezione di Dubuffet, costantemente ampliata grazie all'acquisizione di opere di autori prevalentemente europei, venne trasferita provvisoriamente a East Hampton, nei pressi di New York, dove rimase fino al 1962. Nel 1971 Dubuffet preoccupato di trovarle una definitiva collocazione presso un ente pubblico, considerò l’opportunità di riportarla in Svizzera, Paese in cui era nata. La Collection de l'art brut venne inaugurata nella sua nuova sede, il castello settecentesco di Beaulieu, nel febbraio del 1976, con oltre 5000 opere realizzate da quasi 500 artisti. Oggi, la “Collection de l'Art Brut” di Losanna possiede una straordinaria raccolta di oltre 70.000 opere nate dal nucleo iniziale della donazione Dubuffet e arricchita nel corso di diversi anni. Di fatto, questo museo risulta un punto di riferimento inscindibile e prioritario se si vuole comprendere concretamente il pensiero e le opere d’impronta Art Brut. Libero da preconcetti, attento a riflettere silenziosamente su possibili “nuove situazioni” e soprattutto, a rimettersi continuamente in gioco, cambiando spesso i connotati al suo lavoro e progettando situazioni sempre più imprevedibili. Insieme ad André Breton fonderà la “Compagnie de l’art brut” supportata dalle riflessioni personali scritte nei “Cahiers de l’Art Brut. Dubuffet rimane nell’arte il personaggio più singolare del novecento, l’unico che ha saputo liberarsi dalle costrizioni della cultura ufficiale, e alla bisogna, dare fiato al flusso   del pensiero spontaneo e selvaggio.

 

La normalità “anormale”

Di sicuro la nostra società malata di protagonismo e di solitudine, per comodo, ha sempre fatto una netta distinzione tra un’arte ingenua e quella colta, innestando un alto spartiacque che ha sempre delimitato le due esperienze, purtroppo, si è capito troppo tardi che non esiste una chiara linea di demarcazione che possa separare facilmente le due situazioni. Oggi, in un contesto assai alienato e diffuso è molto più facile trovare la cosiddetta “anormalità”; quante persone vanno a curarsi dall’analista perché soffrono di strane fobie, di nevrosi e persino di allucinazioni. Come è possibile tracciare una linea che demarchi concretamente la normalità dall’anormalità, la logica dal delirio e il gioco dall’ossessione. Tutto ciò risulta difficilmente credibile. Certamente, uno degli artisti che capì per primo questo grosso dilemma è stato Jean Dubuffet, che con”l’Art Brut” creò quel movimento capace di evidenziare l’arte dei malati di mente da quella cosiddetta ”accademica”. Il binomio “arte e follia” si era posto già nel mondo greco con la “ispirazione”, che faceva dell’artista un esecutore prediletto degli dei.  Cesare Lombroso, nell’Ottocento, capì anche che l’arte era sinonimo di follia e che la follia era una esigenza prioritaria per produrre arte, infatti, nel 1882, scriveva: “La follia soventemente sviluppa l’originalità dell’invenzione parchè si  lascia  più libero il freno dell’immaginazione  dando  luogo a creazioni da cui rifuggirebbe una mente troppo calcolatrice per paura dell’illogico e dell’assurdo...”. Lo stesso Dubuffet, spesso, confessava: ”Credo che in Occidente si abbia torto a considerare la follia come valore negativo, credo che la follia sia un valore positivo molto prezioso”. Una lucida presa di coscienza verso il fascino indiscreto dell’insolito, del mistero, essendo  sempre stato  interessato ad indagare sul versante “non logico e razionale” della visione e quindi a dare degna dignità alla follia e all’ossessione della creazione.

 

Apparire e non essere

Mai come oggi l’uomo è stato relegato a una condizione di insostanziale e semplice comparsa in cui l’apparire non corrisponde a un “esserci”, un uomo omologato anche per suo stesso volere “a una dimensione” come lo intendeva Herbert  Marcuse nella pubblicazione del 1964,  in cui il sistema ha privato persino la possibilità di sognare. Un apparire dell’uomo contemporaneo che alla ricerca ansiosa del successo sociale rimane imbrigliato per essere soltanto l’emblema  più deviante di questa falsa e inquieta società. Di certo, nessuna epoca storica, per quanto assolutistica e dittatoriale ha conosciuto come oggi un simile processo di massificazione, poiché nessun tiranno era in grado di creare un sistema di condizioni d'esistenza tali in cui l'omologazione e la solitudine fosse l'unica possibilità di vita per essere accettati.” Pertando, nella vita come nell’arte e in qualsiasi campo di rapporti sociali si procede oggi per inerzia con  proposte  e messaggi decisamente  “deboli” prelevati momentaneamente  dal presente, che non hanno la forza e il carattere di resistere al tempo e alla vita, spesso  annichiliti   già dall’inizio per essere facilmente assorbiti da un sistema sociale e culturale destinato all’omologazione collettiva.

 

La follia, lo specchio della nostra esistenza

La follia non è semplicemente una patologia da confinare negli ambiti della psichiatria. È, prima di tutto, una condizione umana che ci riguarda tutti, perché ognuno di noi si muove su un confine sottile tra razionalità e smarrimento. La follia è lo specchio della nostra esistenza, le fragilità che tentiamo di nascondere sotto la maschera della normalità, una forma di linguaggio spezzato, rotto come un giocattolo di un bambino che urla verità profonde sull’essere al mondo, perché  la sola razionalità, la logica, essendo limitante non ci permette di comprendere appieno Il disordine, l’imprevisto e persino il dolore. Secondo il Filosofo, psicanalista e saggista Umberto Galimberti: “la follia originaria, “comprende i bambini, i poeti, i folli e noi stessi  ogni qualvolta che sogniamo. Nel sogno collassa il principio della contraddizione e d’identità, il principio di casualità per cui invece della causa-effetto ci troviamo a vivere l’effetto-causa, il collasso del tempo e dello spazio, e non appena la coscienza si eclissa collassa tutto l’ordine della ragione.  Questa è la prova inconfutabile  che la follia ci appartiene. Noi siamo follia”.

È proprio ogniqualvolta si cerca di celare il dubbio vi è la tirannia e l’inutilità della logica e della ragione, per tale motivo dobbiamo smettere di relegare la follia al margine e iniziare a dialogare con essa, per ascoltare ciò che può dirci di più di quello che sappiamo e sul nostro essere al mondo. Una verità decisamente scomoda e di disagio che non intendiamo affatto ascoltare e che spesso nascondiamo per paura di essere diversi. Di certo la follia è un’esperienza dell’anima, un tentativo di comprensione che può emergere solo dentro  uno sfuggente  sfondo abissale che è soprattutto caos e anche sofferenza, per cui, per accedere agli abissi della follia occorre per forza di cose distanziarsi dal recinto protetto dalla ragione e abbandonare le solite certezze. Infatti, soltanto nella dimensione folle la ragione collassa e nel profondo tormento visionario la follia prende il sopravvento per scandagliare gli oscuri umori del nostro essere. -sottolinea Galimberti- ”solo nell'immersione nella follia e nella confusione dei codici, è possibile un evento creativo”. La follia è più potente di quando non sia la ragione, che di certo non crea niente di nuovo perché è solo uno strumento per costringerci a integrarci e non una verità” assoluta.

 

Il corpo e la follia poetica della creazione

La follia è la componente essenziale di qualsiasi uomo, non a caso, Dubuffet scriverà “Tout le monde est peintre”, “Ognuno è pittore”, -aggiungiamo- “di se stesso”. Nella vita come nell’arte non esistono  campi scindibili, come la normalità, l’anormalità, l’alterità e la pazzia, tutti siamo folli dal momento che tutti noi sogniamo entrando in una dimensione non logica e irrazionale; è sufficiente che di notte ci addormentiamo  e incomincia il calvario della pazzia, la follia ci abita divenendo inquietudine e espressione disarticolata dalla logica. In un abisso oscuro dove tutto diventa possibile, volare, cadere e persino  intraprendere accadimenti non ancora vissuti, tutti conseguenti viaggi invisibili tra realtà immaginata e  ossessione che si collocano provvisoriamente  in uno spazio sospeso e ignoto in cui il confine tra reale e immaginazione si dissolve per diventare qualcos’altro di inaspettato. La vita degli uomini, al pari dell’arte abita l’incerto  confine tra ragione e follia. La follia è il fondamento della nostra creatività e di ogni produzione artistica e solo gli artisti sono in  grado di attingere appieno nell’abisso della follia,  di certo se non entri nell’abisso non puoi creare; da ciò nasce il mondo espressivo e poetico. L’urgenza della creazione è una capacità degli dei, ovvero la capacità di catturare la follia per essere creativa e poetica. Solo l’artista può decidere di entrare o uscire da un abisso e condividere la forma inquieta, tuttavia, se non viene controllata dal viandante distratto può divenire visione subita  e punizione psichiatrica. Un’opera d’arte non può nascere  senza la follia creativa e poetica dell’artista.

Pertanto, ogni creazione artistica è il frutto della follia. L’opera d’arte è il prodotto della follia dell’artista,  che sacrifica l’io razionale, scandaglia il profondo dell’animo e rinvia ad un’altra verità  disponendosi a uno sguardo di  un qualcosa di più significativo  rispetto alla logica  del già conosciuto. Poeti, artisti e creatori outsider sono dei sacrificanti visionari  perché ogni volta che creano si devono congedare  dall’’ordine razionale della logica  per condividere il mistero oscuro delle cose in una dimensione che alberga  tra i meandri oscuri  e impervi dell’irrazionale e dell’ignoto. Da ciò si evidenzia  la grande lezione e la straordinaria potenza di un atto resistente, senza freni inibitori, che deve necessariamente  implicare l’alta febbre della follia e soprattutto dell’ossessione per essere credibile e autentica; tutto ciò può mai essere considerata un’espressione normale?

 

 

 

Comunicato stampa

Noviadi  Angkasapura, “Condividere l’invisibile”

Mostra Retrospettiva

Dal 5 maggio al 20 luglio 2025

opere 2013-2025

SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

Sandro Bongiani Arte Contemporanea  ha il piacere di presentare, lunedì 5 maggio      2025 alle ore 18.00, la retrospettiva dal titolo “Noviadi Angkasapura, “Condividere l’invisibile”, a cura di Sandro Bongiani. La mostra Retrospettiva è organizzata dalla Collezione Bongiani Art Museum di Salerno è costituita da 73 opere più rappresentative realizzate dal 2013 al 2025; dalle opere del primo periodo di Noviadi Angkasapura fino alle opere recenti del 2025.

L’artista indonesiano Noviadi Angkasapura, per la prima volta è presente con una mostra  retrospettiva in Italia. Nato nel 1979 a Jayapura, nella provincia di Irian Jaya, sull'isola pacifica della Nuova Guinea che dal 1963 appartiene all'Indonesia. Dal 2009 Noviadi Angkasapura vive a Giacarta. E’un’artista autodidatta dell’Art Brut, senza alcuna formazione artistica, Le rappresentazioni di Angkasapura nate da un incontro spirituale, raffigurano figure anamorfiche, demoni insieme al suo mantra guida, "Jujur, Sabar". Nonostante sia ancora molto giovane vi è stata  quasi da subito la dovuta attenzione  da parte  della critica e del sistema ufficiale dell’arte con l’acquisizione di diverse opere dell’artista indonesiano da parte della Collection de l’Art Brut di Losanna in Svizzera, un museo dedicato espressamente agli outsider dell’Art Brut e degli emarginati sociali. Il lavoro di Angkasapura è stato già  esposto in tutto il mondo, tra cui all'Outsider Art Fair di New York, al Centre for Intuitive and Outsider Art di Chicago. Dal 2021 Noviadi Angkasapura è presente nel contesto della "Donation d'Art Brut de Bruno Decharme", in Francia, al Centre Pompidou di Parigi, nella Collection of Mediumistic Art (CoMA) di Elmar R. Gruber in Germania e nella Collection Eric Moinat di Vienna. Oggi, Angkasapura è degnamente rappresentato dalla Henry Boxer Gallery in Inghilterra  e soprattutto dalla Cavin-Morris Gallery negli Stati Uniti che per primo ha scoperto il suo talento e la sua originale creatività.

Nelle opere di Noviadi Angkasapura si evidenzia  la straordinaria forza di un atto resistente, senza freni inibitori, che deve necessariamente implicare l’alta febbre dell’ossessione per essere credibile e autentica, cosciente di avere una missione da compiere che lo spinge a creare immagini in un terreno primordiale in cui la raffigurazione e la scrittura si compenetrano e si integrano insieme. L’arte - scrive Sandro Bongiani - è ossessione e Noviadi Angkasapura è un artista altamente visionario di grande creatività e immaginazione. Ogni sua opera è sempre una nuova improvvisa rinascita di un mondo carico di oscuro mistero, un universo di esseri strani con organi interni visibili, animali immaginari e traboccanti creature antropomorfe di diversa dimensione e presenza che si condensano provvisoriamente  nello spazio immaginativo “oltre il limite” con l’utilizzo di diversi punti di vista in cui viene negata la consueta e logica visione prospettica dello spazio. Un qualcosa come una improvvisa e misteriosa occupazione di personaggi  che vanno a saturare quasi del tutto lo spazio della visione e altresì un senso di libertà espressiva che contraddistingue da sempre il suo importante lavoro.

Le sue opere sono caratterizzate da una visione altamente espressiva e personale; hanno una significativa qualità mistica e sembrano essere ispirate da elementi mitologici tradizionali della cultura in cui vive con simboli e apparizioni enigmatici. Si direbbe una visione di essenze dell’anima, non semplicemente immaginate ma anche condivise, suggerite dall’invisibile e dall’ossessione come atto liberatorio. In connessione con l'aldilà, in uno stato transitorio di profonda partecipazione, l’artista condivide una sorta di trascendenza in cui la ragione tracolla a beneficio di un atto forte e potente alla ricerca di mondi invisibili e territori irrazionali ancora inesplorati. Un’esperienza interiore e mistica con un risvolto ossessivo e oscuro che caratterizza da sempre la sua esperienza creativa, con le sue inattese apparizioni che scandagliano il profondo dell’essere umano, a rilevare e a condividere i misteri oscuri e stratificati della mente nati dall’abisso e dal buio oscuro della notte. Per lui,  sperimentare il limite  e come indagare ogni giorno, tra nemesi e catarsi le emozioni e le forze oscure del corpo e dell’anima, in una dimensione  “sorprendente”, alla ricerca del mistero della vita. In tutto ciò sta la grande capacità espressiva e poetica di uno dei più grandi interpreti internazionali dell’invisibile.  

 

Noviadi Angkasapura

*1979, Indonesia

Noviadi Angkasapura (1979) è nato nella Nuova Guinea Occidentale e ora vive a Giacarta. All'età di quasi ventiquatto anni, Noviadi Angkasapura raccontò di aver ricevuto la visita di uno spirito che gli insegnò a disegnare. Questa esperienza ha provocato in lui un risveglio morale e spirituale e da allora ha continuato a creare disegni basati su una frase ripetuta instancabilmente, in cui predominano i concetti di onestà e pazienza. In questo senso, l'atto del disegno è per lui una preghiera e una forma di meditazione che gli permette di trasmettere i messaggi che provengono da questo spirito. Utilizzando penna, grafite e matite colorate, disegna esseri strani e spesso inquietanti su piccoli pezzi di carta. Ha esposto per la prima volta alcune delle sue opere all'Outsider Art Fair di Parigi nel 2013..Le sue opere sono esposte nella Collection de l'Art Brut di Losanna ed è rappresentato all'estero dalle gallerie Henry Boxer in Inghilterra e la Cavin-Morris Gallery a New York.

Si ringrazia l’Archivio personale di Noviadi Angkasapura di Giacarta  e la Cavin-Morris Gallery di New York per aver permesso, per la prima volta in Italia, la realizzazione di questa  importante retrospettiva che riassume con 73 opere di 13 anni di assiduo lavoro  (2013-2025).

 

 

Sandro Bongiani Vrspace

Opening  lunedì 5 maggio 2025  h. 18:00

 EVENTO: dal 5 maggio al 20 luglio 2025

TITOLO: Noviadi  Angkasapura, “Condividere l’invisibile” 2013 - 2025

LUOGO: Salerno

CURATORI:  Sandro  Bongiani

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D – Salerno

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

SITO UFFICIALE: https://www.sandrobongianivrspace.it/

 

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